Il nostro programma
Scegli Roma.
Vota Sinistra Civica Ecologista.
Nasce Sinistra Civica Ecologista a sostegno di Roberto Gualtieri come Sindaco di Roma. Questa è la lista ecosocialista nella quale si uniscono diverse esperienze politiche, sociali e culturali della città. Tra i promotori iniziali ci sono, infatti, sia esperienze civiche e di movimento come Liberare Roma e Sinistra per Roma, sia le forze politiche come Articolo Uno, Sinistra Italiana, E’Viva e tante altre e tanti altri.
Diamo vita a questo progetto ecosocialista con l’ambizione di rappresentare l’area di sinistra ed ecologi- sta e di risultare decisivi per portare Roberto Gualtieri alla vittoria. Siamo alleati leali fin dall’inizio e proprio per questo metteremo in campo un profilo culturale e politico autonomo e indipendente, a partire da alcune fondamentali scelte sul programma di governo. Ci muove infatti la convinzione che per invertire il declino della città, per contrastare le diseguaglianze, unire ciò che la crisi divide, rigenerare ciò che è devastato non servano le vecchie ricette, ma scelte radicali in discontinuità con quanto fin qui già sperimentato, anche le stesse esperienze di governo del centrosinistra.
Diamo quindi vita a un percorso largo, inclusivo, aperto a tutte le realtà che vorranno farne parte e al confronto con tutti, per la massima unità delle forze di sinistra, civiche, ecologiste, femministe e municipaliste, per vincere la sfida contro la destra che è il nostro avversario, un avversario forte che non vogliamo sottovalutare.
Ecco i motivi per scegliere Sinistra Civica Ecologista
Scegli la città della dignità del lavoro.
Per un Piano straordinario per il lavoro e la buona occupazione
Dignità del lavoro vuol dire diritto al lavoro e alla qualità del lavoro. Vuol dire anche opportunità per contrastare la precarietà e la proliferazione di lavori saltuari. Vuol dire diritti fondamentali come quello alle ferie, alla maternità, alla malattia. Opportunità come telelavoro, spazi per il lavoro condiviso, smart-working, settimana breve.
La pandemia ha colpito duramente l’economia della nostra area metropolitana. La crisi si è abbattuta su un tessuto sociale già fragile dal punto di vista della coesione, con aree di vero disagio non solo tra gli esclusi, ma anche in una fascia sempre più ampia di persone che, pur lavorando, percepiscono un reddito al di sotto della soglia di povertà, i c.d. working poors. Una struttura economica pre-esistente già fragile quindi, basata prevalentemente su terziario e servizi, ha visto così ulteriormente peggiorare la propria condizione con la pandemia che, seppure possiamo oggi guardare con un parziale ottimismo con la lente del piano vaccinale in corso, è senza dubbio ancora lontana da essere superata. Sono ormai delineati all’orizzonte gli effetti più drammatici dal punto di vista delle ricadute sul tessuto occupazionale.
L’emergenza a Roma ha colpito soprattutto settori particolarmente rilevanti nella composizione della forza lavoro come il turismo, il commercio, i servizi, le piccole realtà di prossimità, lo spettacolo e rami specifici dei trasporti. Ne hanno subito le conseguenze principalmente donne e giovani, accentuando così le gravi disuguaglianze di genere e generazionali già presenti nel tessuto sociale. Roma Capitale può e deve avere un ruolo decisivo nell’immaginare e nel costruire il proprio futuro anche per il tramite del Piano Nazionale di Resilienza e Ripresa, malgrado i poteri del tutto residuali che la struttura accentrata di governance assegna ai Comuni nella distribuzione delle risorse. Innanzitutto occorre, anche con le opportune misure di prevenzione e di contrasto, invertire la tendenza a pensare che la ripresa possa passare per le stesse vie che hanno portato al declino prima di arrivare all’emergenza sanitaria: un mercato del lavoro in larga misura
caratterizzato da lavoro precario, grigio, nero, oppure basato sulla logica degli algoritmi come quello dei riders, senza rispetto della dignità delle lavoratrici e dei lavoratori e senza adeguate tutele per la salute e la sicurezza di chi lavora, ma anche un tessuto d’impresa sempre più caratterizzato dalle false cooperative e da piccole Srl spesso semplificate che proliferano nei subappalti, dalla gig economy del capitalismo delle piattaforme, dalla delocalizzazione delle attività produttive in aree di sottocosto e dalla rendita urbana. Bisogna investire puntando sulla qualità del lavoro e dell’impresa.
Per uscire davvero dall’emergenza, con discontinuità e senza tornare ad un passato già segnato dalla diseguaglianza, occorre un nuovo modello di sviluppo per la città metropolitana e un piano straordinario per il lavoro e la buona occupazione per Roma, adeguato alle esigenze di chi ha perso il lavoro e di chi è in cerca di prima occupazione.
Vogliamo che Roma, la Metropoli eterna che tutte e tutti vogliamo costruire, sia la Capitale del lavoro e della buona occupazione, della giustizia sociale, dei diritti e delle tutele, della transizione ecologica divenendo un modello di sviluppo sostenibile.
Roma deve essere un luogo dove il pubblico offre il suo volto migliore, fatto di buona gestione a partire dalle principali partecipate Atac, Ama, Acea, servizi efficienti per la cittadinanza, diritti e tutele per le lavoratrici e i lavoratori. Un chiaro indirizzo pubblico che rimette al centro il lavoro, internalizza le attività cedute a privati (e se ne contano ormai molti esempi, dal servizio degli assistenti educativi e culturali ai servizi di mensa, dalla pulizia nelle scuole ai servizi di cura del verde e di raccolta dei rifiuti) o affidate in appalto anche in conseguenza dell’art. 177 del Codice degli appalti, che valorizza le competenze interne, che non offre spazi a interferenze illecite e ad effetti di svalorizzazione del lavoro, che introduce misure di maggiore trasparenza e controllo, realizza progetti per la parità di genere nel lavoro, per l’inserimento lavorativo dei giovani, dei disoccupati di lunga durata e delle figure svantaggiate. Le caratteristiche della città di Roma impongono un ripensamento dell’organizzazione del lavoro pubblico che deve essere fondato sull’efficacia dei servizi e sull’efficienza delle prestazioni. E’ necessario riqualificare il lavoro pubblico con formazione, aggiornamento continuo e nuovi ingressi di giovani con competenze tecnologiche e culturali adeguate capaci di snellire le procedure della burocrazia e di agevolare i cittadini nei servizi. Ed avere l’ambizione di rilanciare effettivamente le aziende pubbliche portando trasparenza nella gestione e piani industriali all’altezza degli obiettivi elencati. Per tutte le aziende del gruppo Roma Capitale, di più quelle in house, l’obiettivo dovrà essere la qualità del servizio e la soddisfazione dei cittadini, perseguendo la buona gestione e il risanamento economico attraverso un rinnovamento della governance, impiego di tecnologie e intelligenza artificiale, formazione del personale a tutti i livelli, e non con dure operazioni di spending review sulla pelle dei lavoratori e di tutta la collettività.
Roma deve essere una città metropolitana accogliente per gli investimenti, che sa dotarsi innanzitutto di infrastrutture materiali e immateriali e di servizi moderni ed efficienti, che raccoglie la sfida dell’innovazione ed elabora piattaforme proprie per una gestione pubblica dei dati. Una Smart City capace di orientare l’impatto delle innovazioni tecnologiche in termini di sviluppo, partecipazione, e-democracy, diritti; giovandosi anche dell’apporto della Fondazione Mondo Digitale dovrà intercettare le nuove sfide tecnologiche con la democrazia dei dati e delle piattaforme, rendere effettiva l’accessibilità alla digitalizzazione dei principali servizi in un’ottica pubblica e di condivisione, costruire spazi di coworking decentrati e capillari su base municipale per non scaricare, ad esempio, lo smartworking solo sulle abitazioni private. Roma Smart City
Eterna dovrà essere il luogo dove introdurre innovazione al servizio della cittadinanza, dalla mobilità all’istruzione, dalla raccolta dei rifiuti all’edilizia, contro in particolare al modello di gentrificazione dei quartieri centrali e a favore dello sviluppo delle aree periferiche. Una Capitale che sa accelerare il passaggio al 5 G e consentire a tutti i cittadini accessi e abbonamenti internet a prezzi agevolati; un’amministrazione pubblica vicina al cittadino anche con punti di assistenza gratuita nella città e nelle periferie per la popolazione più anziana, spesso sola che non ha dimestichezza con l’informatica per aiutare la fruizione dei servizi più tecnologici e quindi anche maggiormente complessi .
Una Città che lotta contro le mafie, l’usura e la corruzione, assieme e dalla parte sana della società, e lotta contro l’evasione fiscale e contributiva e a favore di processi di redistribuzione della ricchezza anche per il tramite di progetti di fiscalità e welfare locali.
Una Città che riconosce anche la valenza della legalizzazione della cannabis e la libertà di autocoltivazione: misure, queste, indispensabili a liberare tutti i consumatori dalla minaccia della repressione, sfruttare le enormi potenzialità economiche del settore e contrastare la criminalità organizzata, che lucra sullo spaccio. È necessario, quindi, promuovere campagne per una conoscenza della cannabis non ideologizzata e scientificamente corretta, incoraggiare la riduzione del danno, distinguere tra uso ed abuso, facilitare l’apertura dei growshop per incentivare i consumatori a svincolarsi dal mercato clandestino.
Una Città infine che non dimentica chi è stato colpito duramente dal Covid e che per questo propone la riduzione fino all’esenzione delle tasse e delle tariffe comunali per le attività commerciali, culturali e ricreative colpite dalle conseguenze del pandemia; il rinnovo delle concessioni al commercio ambulante con l’applicazione della legge che sospende l’attuazione della direttiva Bolkestein; la riorganizzazione del servizio dei taxi per contrastare la concorrenza sleale delle multinazionali.
Scegli la città della transizione ecologica.
Per una Metropoli modello di sostenibilità
Punti di interscambio, colonnine per le ricariche elettriche, piste ciclabili, cura del ferro, pannelli solari. Queste alcune delle priorità per una città che sappia approfittare dell’occasione storica del PNRR per investire in transizione ecologica. Si tratta non soltanto di ripensare e innovare la rete del trasporto cittadino, ma anche di intervenire sulle fonti di alimentazione delle grandi realtà del terziario, della grande distribuzione, del ciclo del freddo.
Abbiamo di fronte una grande sfida e l’opportunità per poterla affrontare, consapevoli di essere ormai prossimi al punto di non ritorno sull’ambiente: Siamo per l’attuazione della mozione per la dichiarazione di emergenza climatica a Roma.
La mobilità è una delle grandi questioni che, richiamando il tema della democrazia, delle opportunità e dell’inclusione/esclusione, necessita di un’azione politica coraggiosa: bisogna indicare i progetti e gli obiettivi di una pianificazione orientata all’intermodalità (metropolitana, bus, tram, trasporto regionale ferroviario) ed essere capaci di tradurli in realtà con risorse, condivisione, capacità realizzativa. Andare verso una mobilità sostenibile è necessario, serve alla coesione sociale, permette di affrontare i nodi dei servizi innovativi e del miglioramento di quelle cosiddette “periferie” che, nelle notevoli differenziazioni, costituiscono la maggior parte del territorio cittadino. Per questo i percorsi vanno inquadrati insieme a quelli relativi alla pianificazione urbanistica, alla riqualificazione dello spazio urbano, all’implementazione dei servizi mancanti, al contrasto delle disuguaglianze.
Roma deve diventare il luogo dove rendere concreto un piano integrato dei trasporti che punti ad abbattere il traffico automobilistico privato e si basi sul servizio pubblico e sulle modalità di comunicazione ecocompatibili anche con l’apporto di Roma Metropolitane Srl: è perciò necessario risanare L’ATAC adempiendo agli obblighi concordatari e rilanciarla come azienda di trasporto pubblico locale insieme a Roma Metropolitane e coinvolgendo gli altri soggetti a livello regionale. In una grande città è fondamentale la conciliazione dei tempi lavorativi con quelli di vita, la cura degli affetti, la distribuzione del carico dei lavori di cura, l’attenzione al lavoro domestico. È importante che il luogo di lavoro sia raggiungibile con mezzi di trasporto pubblici ed ecologici. E’ per questo che proponiamo la città a 15 minuti , cioè una città in cui non si superino i 15 minuti per raggiungere le metro , le stazioni su ferro e la maggior parte dei servizi locali in un quarto d’ora, attraverso la riorganizzazione degli spazi urbani ripensando la loro funzione primaria a favore di pedoni, trasporto collettivo e mobilità sostenibile, garantendo accessibilità e sicurezza sui mezzi pubblici e veloci di collegamento , come metro e stazioni cittadine dei treni . Vogliamo una politica della mobilità dolce, che promuova e potenzi il trasporto pubblico realizzando metropolitane di superficie, che disincentivi i trasporti che utilizzano combustibili fossili, che ampli le piste ciclabili e incentivi i servizi di sharing mobility. Va ripresa la cosiddetta “cura del ferro” che si è fermata anni fa, prevedendo interventi diffusi che colleghino i quartieri poco serviti con tram e metro leggere. Esiste un problema di scarsità delle corsie preferenziali a cui porre rimedio, essendo esse uno strumento importante per garantire regolarità e frequenza delle corse e dunque affidabilità per la cittadinanza. C’è un’urgenza di ammodernamento del parco veicoli e di altri investimenti per ridurre l’inquinamento e gli incendi frequenti, di aumentare il ricorso alle tecnologie, di migliorare l’accessibilità per tutte le persone. Vanno completate le realizzazioni e le programmazioni delle linee della metropolitana, senza tuttavia ignorare che per varie zone sono preferibili le soluzioni tranviarie, che costano meno e si realizzano prima. La rete ferroviaria esistente va potenziata puntando all’ammodernamento, all’integrazione e alla razionalizzazione, in particolare le “ferrovie dei pendolari” che necessitano di interventi radicali I processi di partecipazione devono essere coinvolgenti e trasparenti, per aumentare la consapevolezza, la solidarietà, la diffusione di un sentire comune, per far scoccare una scintilla positiva, per affrontare il problema principale che è il “fare”: si è fatto davvero poco rispetto a quanto si è promesso. Occorre ragionare di mobilità e di regole, finanziamenti e partecipazione, unico mix in grado di indurre il cambiamento sociale e politico necessario.
Una capitale dove osservare i risultati positivi di un piano complessivo per gestire il ciclo dei rifiuti e per lo sviluppo dell’Economia circolare e non le tristi immagini dei cassonetti immersi di sacchetti di rifiuti per le strade: a tal scopo è necessario risanare L’AMA, rendere efficiente e trasparente la gestione dell’azienda, assorbire le numerose fasi di attività esternalizzate con tutto il personale, renderla il soggetto centrale nel piano d’rifiuti zero’ ancorato alla delibera di iniziativa popolare “Deliberiamo Roma”. Autosufficienza impiantistica, recupero di materia senza ricorso alla combustione, decentramento Ama nei Municipi, delle infrastrutture di supporto e della rete impiantistica di trattamento, istituzione degli “Osservatori rifiuti zero”, cancellazione definitiva del progetto di discarica a Monte Carnevale. Sicuramente serve una corretta gestione dei rifiuti con la raccolta differenziata che è il primo passo verso la gestione giusta dei rifiuti urbani, la riduzione di sprechi, dei costi di smaltimento e dell’inquinamento ambientale. Plastica, carta, vetro e umido sono i materiali di uso quotidiano più comuni che possono e devono essere correttamente conferiti e smistati. Ma il senso civico e di responsabilità che lega ciascun cittadino al proprio territorio, non basta. La gestione della raccolta differenziata in città deve essere migliorata con l’introduzione dei “cassonetti intelligenti”. Un ruolo particolarmente significativo svolgono le “Ama di municipio” e i centri di riuso, le prime destinate a monitorare in tempo reale le informazioni relative ai flussi di materia sul territorio di competenza e i secondi a prolungare il ciclo di vita di beni usati ma integri e funzionanti, riutilizzabili direttamente o con l’effettuazione di operazioni di pulizia e piccola manutenzione – si pensi a mobilio, giochi, passeggini, biciclette, libri, elettrodomestici, apparecchiature elettroniche. L’obiettivo finale è ridurre progressivamente la mole di indifferenziato in modo da non giustificare più l’apertura di discariche e inceneritori. Tali processi vanno accompagnati con una capillare sensibilizzazione, con coinvolgimento e partecipazione dei cittadini. Va vinta la diffidenza e l’ostilità attuale – peraltro ampiamente giustificate – aprendo le porte degli uffici in fase di progettazione e poi quelle delle aree in fase di realizzazione, condividendo gli obiettivi e le strategie e ragionando insieme su ricadute e scelte
Una metropoli che utilizzi ACEA e le Comunità energetiche autosufficienti per sperimentare la transizione dalle fonti energetiche fossili alle rinnovabili e costruisca il proprio futuro sulla sostenibilità energetica. Una Capitale basata sulla riqualificazione urbanistica e edilizia a consumo di suolo zero, dove sarà favorito lo sviluppo della Ricerca a partire dai poli d’eccellenza presenti, dove ci sarà cura della biodiversità e sarà favorito lo sviluppo dell’agricoltura sociale nell’area metropolitana in particolare per le filiere tradizionali, promuovendone anche il valore formativo in particolare con progetti mirati alle scuole, utilizzando a tal scopo anche la centrale del Latte di Roma, il Centro Agroalimentare Roma Capitale e la stessa Fondazione Bioparco.
Una Metropoli con più verde urbano che va ridisegnato e reso più fruibile. Aumentare la dotazione di alberi per abitante non è un impegno economico rilevante, in compenso gli alberi proteggono gli edifici dalle escursioni termiche, consentono un risparmio energetico, assorbono grandi quantitativi di CO2 e forniscono riparo e protezione alla fauna urbana, favorendo la conservazione della biodiversità. Anche la promozione di orti urbani rappresenta una buona politica di eco-socialità. Roma possiede un patrimonio naturale storico-archeologico e paesaggistico inestimabile l’Agro Romano, che se venisse tutelato con opportune azioni di valorizzazione e conservazione potrebbe rappresenta una grande risorsa ecologica/economica. In una generalizzata opera di cambiamento in senso ecologico, oltre che al costruito va posta attenzione al patrimonio naturale. Roma è il comune più verde d’Europa, ricco di biodiversità: ha bisogno di cura attenta e costante di tutte le componenti, sia per garantirne la miglior fruizione che per procedere alla valorizzazione con attività compatibili. L’agricoltura va messa tra le priorità sviluppando filiere corte, qualità dei prodotti, esperienze imprenditoriali e occupazione contro la logica degli sfruttamenti intensivi. Si devono curare e vitalizzare aree protette, riserve, aree agricole, campagna romana, sistema urbano di giardini, parchi e ville storiche, litorale, fiumi, a partire dalle aree fluviali del Tevere e dell’Aniene che, in collaborazione con la Regione Lazio, devono essere oggetto di un piano in cui intrecciare bonifica e politica ambientale con attività di valorizzazione culturale, sportiva e turistica.
Roma dovrà ridurre l’inquinamento in città ed attuare una politica rigorosa sull’uso del riscaldamento negli edifici. Bandire i combustibili fossili, ad esclusione del metano, e incentivare le tecnologie che migliorano l’efficienza degli impianti. Promuovere il fotovoltaico, il micro-eolico e il solare termico per ridisegnare il futuro energetico nella nostra città. E infine sarà necessario dare attuazione al risultato referendario del 2011, attraverso la creazione di un’azienda speciale (quindi pubblica e senza scopo di lucro) a cui trasferire tutte le attività idriche di ACEA, di modo da poter finalmente investire nella manutenzione della rete e risolvere il problema dell’enorme spreco di acqua.
Scegli la città della cura e del sostegno al reddito
Per non lasciare indietro nessunɘ
Nell’attuale crisi sanitaria si deve mettere al centro dell’azione un nuovo paradigma: la cura della vita. Significa la salute al primo posto, significa individuare e attivare i motori dell’azione (di cura), significa investire sui beni comuni, significa valorizzare quei lavori (di cura) che sono causa di nuove discriminazioni e, paradossalmente, stanno penalizzando le donne. Per parlare di politiche sociali ai tempi della pandemia bisogna partire da qui. Esse vanno intese come intimamente connesse a sviluppo e buona occupazione e devono improntare le scelte che si fanno: non riguardano solo la sfera degli individui, si occupano di curare l’ambiente, bonificare i territori, migliorare i servizi.
Da quest’ottica, in una città come Roma, bisogna fare in modo che la cura vada incontro alle fragilità. Il covid19 ha evidenziato le carenze dei servizi per i bambini, per gli anziani non autosufficienti, per le persone con disabilità e a rischio di esclusione. A partire da tali soggetti e da nuove povertà acuite prima dalla grave crisi economica e poi da quella pandemica, ci si deve porre l’obiettivo di farsi carico di tutte le forme di disagio, senza lasciare indietro nessuno e secondo un’offerta tendente a costituire un quadro organico di risposta ai bisogni. La legge 328/2000 è rimasta inattuata rispetto all’intenzione originaria di fare sistema in moltissime applicazioni territoriali e anche nella nostra Capitale è stata ridotta a politiche di bonus e trasferimenti: ne va recuperato lo spirito profondo e da Roma si deve avviare una battaglia nazionale affinché si costruisca un welfare universale e si punti sulla medicina territoriale. Bisogna costruire un’integrazione reale tra servizi sociali e sanitari, tra il pubblico e il mondo del volontariato, dell’associazionismo, della cooperazione e del terzo settore, tra i vari welfare esistenti, pubblico, aziendale e bancario, scegliendo la “prossimità” come ambito dove occuparsi della persona in tutte le sue dimensioni. Servono livelli essenziali di diritti sociali. Bisogna sperimentare i patti territoriali municipali per il benessere, con il pubblico che funge da snodo di tutti i soggetti interessati a una buona programmazione, sulla base di obiettivi condivisi. Essi sono espressione di una comunità competente, che rende protagoniste le persone.
È fondamentale costruire la rete integrata dei servizi sociali che è carente e disomogenea e agire sui tempi e gli spazi di vita: è necessario, per la città che verrà, avere un piano regolatore per armonizzare il lavoro con la dimensione sociale in ogni stagione della vita, all’insegna dell’idea guida di coltivare le inclinazioni e le personalità nei diversi campi.
La stessa crisi sanitaria ha aggravato le povertà e i fenomeni di impoverimento, incrementato le disuguaglianze, ridotto in quantità e qualità sia i lavori che le attività economiche, acuito la crisi dei ceti medi. La questione di elaborare e realizzare misure di sostegno al reddito anche dalle istituzioni locali e dai grandi centri urbani in particolare non è rimandabile. Dobbiamo recuperare in fretta il tempo perduto e posizionare la Città eterna in prima fila nelle sperimentazioni per il reddito di base. Ciò sia aderendo alle reti esistenti e alle loro iniziative che con forme di sperimentazione concrete, da realizzare reperendo fondi ad hoc nelle pieghe delle voci inutilizzate del bilancio, nei finanziamenti legati al PNRR e ai fondi di coesione, in accordi interistituzionali finalizzati con regione e governo nazionale.
Allo stesso modo l’attuale situazione determinata dall’emergenza covid19 ha messo in risalto forme nuove ed estremamente positive di mutualismo e di cooperazione allargata: si va oltre il volontariato, con l’obiettivo di prendersi cura delle persone, dei beni comuni e del territorio. Ciò senza escludere la necessaria centralità dell’intervento pubblico, attualmente caratterizzato da troppa debolezza.
Altrettanto fondamentale è il tema dei diritti civili e della libera espressione dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere delle persone omosessuali, transessuali, bisessuali e non binarie. In tali ambiti è urgente invertire la rotta e tornare all’assunzione di responsabilità da parte delle istituzioni, riprendendo il cammino avviato in particolare sulle tematiche delle unioni civili, del matrimonio egualitario, delle adozioni, dei diritti delle “famiglie arcobaleno” e dei loro figli, così come non va fatto mancare l’appoggio a iniziative promosse da luoghi d’incontro e d’ascolto, indispensabili per la sensibilizzazione culturale, la solidarietà e l’azione di servizio. Infine, non va dimenticato nemmeno l’impegno preso a socializzare il ricordo delle persone omosessuali, transessuali, rom, sinti, camminanti, disabili e Testimoni di Geova perseguitate dal nazifascismo, attraverso l’edificazione di un monumento che restituisca la giusta dignità e la dovuta memoria a tutti gli stermini dimenticati.
La Città della cura significa anche la Città che non dimentica i migranti. Vogliamo che Roma diventi un modello di accoglienza. Siamo al fianco delle molte esperienze troppo spesso lasciate isolate come unica speranza per i migranti che arrivano nella nostra città e poi sgomberate come recentemente avvenuto al presidio umanitario alla stazione Tiburtina, l’ennesimo dopo i molti già avvenuti, solo per seguire malsane rappresentazioni di decoro, sicurezza militarizzata e un’idea di riqualificazione urbana che mette fioriere per togliere spazio all’accoglienza. Contro la miopia, l’irresponsabilità e l’ipocrisia degli sgomberi senza soluzione che non fanno altro che spostare il problema di qualche centinaio di metri, siamo con il Baobab e le altre realtà nel volere continuare a proteggere le persone e non i confini
Scegli la città del diritto all’abitare.
Per dire basta a sgomberi senza soluzioni, diritto all’abitare per tuttɘ
A Roma tanta gente senza casa e tante case senza gente; tanti abitanti senza città e tanta città senza abitanti. Continuiamo a consumare suolo, è successo anche durante il covid, aumentando la dispersione territoriale, il traffico, l’inquinamento. Il centro storico, espulsi gli abitanti, è diventato un luogo di transito per un turismo tutto uguale che la pandemia ha desertificato. Succede quando il pubblico rinuncia al proprio ruolo e lascia nelle mani del mercato lo sviluppo urbanistico e il diritto fondamentale alla casa. Il disagio abitativo produce povertà e diseguaglianze. E’ questione sociale non di ordine pubblico, non si risolve con gli sgomberi ma con un l’intervento del pubblico. La rigenerazione urbana serve nelle periferie per riqualificare e ricreare legami sociali, non per operazioni speculative nelle aree centrali della città. Roma possiede un patrimonio pubblico importante troppo spesso inutilizzato, abbandonato o svenduto per fare malamente cassa. Una leva potente per ripensare la città e soddisfare bisogni sociali e culturali, nuove attività imprenditoriali.
Per farlo serve una volontà politica non asservita agli interessi dominanti, un’idea di città che punti sul recupero e la riqualificazione, non sulla rendita fondiaria e l’espansione edilizia. Una città a consumo zero di suolo dove far vivere davvero un concetto semplice: il diritto alla casa è un diritto fondamentale.
Quando parliamo di casa non parliamo solo delle mura domestiche, ma di un ecosistema integrato con il territorio circostante. Diritto all’abitare significa diritto per tutti e tutte a poter fruire di servizi di prossimità, infrastrutture, collegamenti e trasporti. La città intelligente è una città che crea opportunità a partire dal luogo di residenza. Opportunità lavorative, relazionali, assistenziali, terapeutiche, culturali.La casa come centro di una porzione di città.
Anche per questo chiediamo con forza l’archiviazione del programma degli sgomberi definito dalla Prefettura di Roma e la predisposizione di soluzioni abitative adeguate nell’ambito di un piano di edilizia residenziale pubblica che preveda prioritariamente l’utilizzo di immobili pubblici dismessi e il frazionamento degli alloggi più grandi del patrimonio pubblico esistente; il cohousing, l’autorecu- pero, forme di convenzionamento con i privati per acquisire aree o abitazioni nelle trasformazioni urbanistiche più rilevanti. E anche a seguito della pandemia, che ha ulteriormente peggiorato una situazione già estremamente fragile, va concessa a chi vive in immobili occupati la residenza in presenza di minori, disabili e motivazioni sanitarie, come deciso dal comune di Palermo
Pensiamo sia importante concedere, nei quartieri di edilizia residenziale pubblica dove è più elevato il disagio sociale, gli immobili comunali non residenziali a titolo gratuito ad enti del terzo settore, associazioni, comitati per attività sociali, educative, culturali, di startup. E’ importante la realizzazione di Laboratori di Quartiere in cui cittadinanza, istituzioni, università, terzo settore, progettino insieme gli interventi di recupero urbano, di sviluppo economico locale, di socialità. Pensiamo alla costituzione dell’Agenzia sociale locazioni per erogare celermente i sussidi statali, regionali e comunali sull’affitto e con un ruolo di mediazione sul mercato fra inquilini e proprietari. E’ necessario procedere alla revisione del Prg per evitare ulteriore consumo di suolo rilanciando le attività produttive dell’agro romano; tutelare con norme più efficaci i tessuti edilizi della città storica; concentrare le previsioni urbanistiche a ridosso delle aree ferroviarie e del trasporto pubblico su ferro. Importante individuare, come prevede la legge, aree aggiuntive a standard per l’edilizia residenziale sociale.
Scegli la città delle donne per le donne
Per costruire una città delle politiche di genere
La città delle politiche di genere accoglie ogni scelta libera, stanzia risorse secondo un bilancio di gener e costruisce spazi femministi. Una città sicura, perché è costruita sui bisogni e sui desideri di tutte e di tutti, a partire dalle bambine, dalle ragazze e dalle donne. La questione di genere è una chiave per leggere le dinamiche sociali. La situazione sanitaria, che ha prodotto “io resto a casa”, non ha tenuto conto di una dura realtà: per molte donne la casa non era sicura neanche prima. Soprusi e violenze si sono incrementati in maniera esponenziale, comportando in più l’impossibilità di recarsi ai centri antiviolenza. Il lockdown ha inoltre evidenziato come la condivisione dei ruoli familiari sia ancora una chimera; una politica opportuna, in tal senso, è il riconoscimento di congedi parentali congrui, per facilitare l’assunzione di responsabilità degli uomini nel nucleo.
Una città che mette in discussione i servizi pensati su stereotipi di genere, che intende decostruire i nessi patriarcali e le zone d’ombra e di paura che la attraversano. Dalla toponomastica ai centri antiviolenza, dai consultori alle piazze che insieme vogliamo attraversare, la città che cambia paradigma. Difendendo le principali esperienze cittadine, da Lucha y Siesta alla Casa Internazionale delle Donne.
A Roma non ci sono sufficienti posti nelle case rifugio, malgrado qualche bando sia stato fatto: è urgente potenziare l’intera rete di sportelli di ascolto, centri antiviolenza e luoghi di accoglienza, nonché quella dei consultori -insieme all’istituzione regionale -, nella collaborazione tra il personale dei servizi sociali e sanitari, i municipi e il terzo settore. Ciò senza ignorare che il problema della violenza è strutturale e che quindi vanno affrontate frontalmente le cause che lo determinano, sul piano culturale, sociologico e psicologico, attraverso interventi nelle scuole incentrati su un’educazione non sessista, con l’azione costante dei corpi intermedi, con campagne informative e formative ad hoc. In tale ottica è necessario rafforzare la cultura di genere che contrasta la violenza maschile di cui è fortemente impregnata la società.
I Centri Antiviolenza (CAV) sono presidi territoriali fondamentali. La loro attività di consulenza psicologica e legale, di sostegno, di formazione, di promozione, di sensibilizzazione e prevenzione, orientamento e accompagnamento al lavoro va rafforzata. E, insieme, quella delle Case rifugio che offrono alle donne e ai minori che le accompagnano, spazi sicuri e percorsi di uscita dalla violenza ed empowerment. Ad oggi nel territorio di Roma Capitale sono presenti solo dieci centri antiviolenza di competenza del comune di Roma – meno di uno a Municipio e solo due Case Rifugio.
È una rete insufficiente per una città come Roma, soprattutto in considerazione dei casi di violenza di genere negli ultimi anni, con le chiamate effettuate al numero 1522 contro la violenza e lo stalking aumentate del 79,5% rispetto all’anno precedente, durante la pandemia.
Il nostro obiettivo è chiaro: almeno un centro antiviolenza per ciascuno dei quindici Municipi di Roma Capitale e maggiore supporto alle associazioni del terzo settore impegnate sulla protezione delle donne. Ma dare riparo alla violenza è un primo passo. Fondamentale dovrà essere anche il sostegno al reinserimento nella società delle donne che hanno subito violenza e/o che vivono una condizione di maggiore fragilità. Per questo il Comune metterà a disposizione diversi strumenti: dal microcredito a contratti di locazione agevolato, fino ad incentivi alle imprese che assumono donne prese in carico dai cave dalle case rifugio.
Vogliamo che Roma segua quanto accade in molte altre realtà in Italia dove cresce il numero di amministrazioni locali che stanno aderendo all’iniziativa “Il ciclo non è un lusso”, la petizione online che ha raccolto oltre 500 mila adesione e che vuole denunciare l’ingiusta tassazione attualmente applicata agli assorbenti e tamponi femminili. L’Iva su questi prodotti è al 22%, nonostante per milioni di donne siano beni di prima necessità: proponiamo un accordo con le farmacie di tutta la città per consentire alle cittadine romane di non pagare l’iva aggiuntiva sui prodotti igienici femminili.
Così come per molti ambiti di attività, anche nello sport la partecipazione e l’equa valorizzazione delle competenze delle donne non è mai stata scontata. Le discriminazioni – di genere e non – non riguardano solo le grandi atlete, ma partono dal basso ossia dai livelli amatoriali e dilettantistico. Possono tradursi in minore offerta di corsi dedicati alle ragazze, ma anche minore propensione delle bambine a cimentarsi in alcune discipline, maggiore possibilità di subire interruzioni o molestie. Lo sport invece è uno strumento pedagogico e di crescita fondamentale per lo sviluppo e il potenziamento di capacità e talenti. Per questo sarà un impegno preciso quello di garantire un’equa partecipazione alla pratica sportiva, garantendo il supporto anche economico a progetti di valorizzazione della partecipazione femminile alle discipline sportive.
Scegli la città degli spazi sociali
Per una Metropoli al servizio della collettività
Gli spazi sociali ridisegnano la geografia di una città accessibile e misura dei desideri e dei bisogni della persona, anche con il coinvolgimento attivo del Terzo Settore per il sostegno alimentare e l’inclusione sociale delle persone più in difficoltà. Spazi aggregativi di prossimità, beni e servizi alla cittadinanza sono un elemento imprescindibile di welfare, che segnano la vivibilità dei luoghi e offrono opportunità relazionali e culturali. Investire nella difesa e nell’implementazione di questi presidi significa puntare su una città policentrica, su un ambito relazionale diffuso, sulla veicolazione della conoscenza, lo scambio delle capacità e la solidarietà. Anche tramite il superamento della Delibera 140/2015, con l’obiettivo di valorizzazione economica con una Delibera per l’uso di servizi di pubblica utilità degli immobili capitolini e la collaborazione delle esperienze radicate sul territorio, anche attraverso Patti di Collaborazione.
Vogliamo creare una rete di infrastrutture sociali che sappiano estendere e valorizzare pratiche diffuse di mutualismo, partendo dalle molte esperienze già oggi esistenti. Per farlo inizieremo dal garantire gli spazi necessari, utilizzando immobili o terreni che oggi magari solo lasciati abbandonati e domani invece possono diventare effettivi luoghi di servizi sociali diffusi dove in ogni territorio saranno attivati percorsi trasparenti di partecipazione alla decisione finale dello spazio. In tale direzione uno dei possibili punti di partenza è un Piano metropolitano dell’agricoltura sociale: assegnare alle realtà territoriali la gestione di terreni comunali, spesso abbandonati, per costruire sistemi integrati. Lo stesso vale per i beni immobili sequestrati alla criminalità: bisogna dare seguito alle disposizioni normative e usarli per la costruzione dei poli civici, rispondendo a taluni bisogni diffusi con sportelli legali e di ascolto, incubatori di nuove imprese e cooperative, coworking, centri di educazione ambientale, spazi di riciclo e riuso. Le attività di mediazione sociale e coprogettazione devono acquisire un ruolo centrale fin dalla programmazione e dalla predisposizione dei percorsi formativi, trattandosi di aspetti basilari per le relazioni e per l’implementazione di servizi mancanti.
Siamo convinti che questa infrastruttura sociale che si articolerà all’interno di tutti i municipi dovrà essere uno degli strumenti necessari a contrastare la diseguaglianza, la marginalità, la povertà sempre crescenti e peggiorate a seguito della pandemia. In questo contesto si è rafforzato anche quello che ormai è classificato come una sorta di welfare mafioso, dove la criminalità organizzata, a partire dalle molte piazze di spaccio esistenti, si propone come garante di reddito e sostegno alle fasce di popolazione che non vedono altra prospettiva. Dobbiamo lottare contro la mafia e e occupare questi spazi, riempiendoli di servizi, di accoglienza, di ascolto, di cultura, di diritti sociali, di vicinanza, di mutualismo, di nuova fiducia per il pubblico, di una prospettiva reale per il presente.
Anche per questo sosteniamo convintamente due proposte immediate: un Osservatorio delle Diseguaglianze che possa mappare e monitorare in tempo reale le condizioni di marginalità e povertà diffusa e l’immediata attivazione e soprattutto effettiva capacità di intervento al Forum cittadino sui beni confiscati per garantire che il patrimonio della criminalità organizzata possa essere messo a disposizione della cittadinanza per il tramite di processi collettivi.
Scegli la città delle scuole sempre aperte.
Per una scuola in collaborazione continua con il territorio
Scuola e città sono per loro natura chiamate alla costruzione di un mondo inclusivo. La scuola può diventare motore di cambiamento per una intera comunità locale, fulcro culturale di un territorio e, inte- ragendo con esso, può recuperare a pieno le proprie funzioni ed identità. I patti educativi di comunità possono rappresentare un modo di arricchire la qualità dell’offerta culturale e la scuola, in questo, dovrà avere un ruolo essenziale di riferimento proprio per non rinunciare alle sue prerogative costituzionali.
Una scuola aperta al territorio non riguarda solo aspetti logistici ma una innovazione didattica e metodologica, cambiare la cornice pedagogica, impostare un nuovo e permanente modo di fare scuola. Scuole sempre aperte con nuove assunzioni, allargamento alle realtà cittadine, più spazi per il vo- lontariato, più attività per progetti di offerta formativa extra curriculare. Scuole sempre aperte significa accessibilità a biblioteche, spazi per le attività sportive e ricreative, centri musicali, spazi di fruizione democratica dei saperi, sempre attenti alle esigenze delle persone disabili e alle loro famiglie. Diamo anche dignità al lavoro degli addetti con l’internalizzazione delle attività di Roma Multiservizi, della gestione delle mense e delle pulizie delle scuole e degli assistenti educativi e culturali.
Vanno attivate collaborazioni tra le sovrintendenze comunali e Roma Capitale e le scuole secondarie superiori per attivare una collaborazione di sistema per l’attuazione del PCTO ( percorsi di alternanza scuola lavoro) nella nostra città che è un Museo a cielo aperto . Vanno quindi anche trovati meccanismi premianti con Crediti formativi da utilizzare nel lavoro futuro, per le ragazze e ragazzi che si impegnano in questi percorsi di studio nella cultura, nella storia e nell’archeologia della città di Roma e che intendano intraprendere un lavoro di archeologi, storici dell’arte, guide turistiche , esperti culturali .
Il tema degli asili nido è centrale per la città. In tale contesto, vogliamo rendere effettivo un vero Sistema Integrato di istruzione e educazione per la fascia di età dagli 0 ai 6 anni, con l’obiettivo di eliminare le disuguaglianze attuali, affermare il diritto soggettivo di bambini e bambine di essere persone di oggi e non soltanto adulti di domani e far diventare il servizio educativo non più a domanda individuale ma universale. Vogliamo invertire la tendenza che vede un importante calo di iscrizioni, in particolare nei nidi, segno di una disaffezione al servizio e che va in parallelo con un sempre più massiccio ricorso all’offerta privata. E vogliamo raggiungere questo obiettivo, che dovrà essere perseguito con le necessarie risorse a livello nazionale e regionale, partendo da un intervento immediato: la gratuità dei nidi, assieme al progressivo incremento di posti disponibili. Dovranno essere garantite le necessarie assunzioni e adeguati percorsi formativi continui, per consentire di valorizzare le competenze interne, rimodulare i carichi di lavoro e focalizzare gli sforzi sugli aspetti pedagogici. E saranno previste le necessarie attività di riqualificazione degli spazi attuali
Scegli la città della sanità pubblica.
Per affermare il diritto alla salute e a servizi pubblici di prossimità
La città del diritto alla salute è la città dei percorsi di continuità assistenziale, la città che non lascia da solo nessuno di fronte alla malattia e alla necessità, che sposta l’attenzione verso le grandi periferie prive di servizi socio-sanitari nell’ambito di una programmazione partecipata e democratica che veda un nuovo ruolo del Comune, dei Municipi e dei cittadini attraverso il superamento della figura del “delegato del Sindaco” e l’attribuzione di questi temi all’Assessore ai Servizi sociali e sanità in una interlocuzione forte con la Regione e le Aziende sanitarie. La città che promuove la prevenzione nei luoghi di vita e di lavoro anche con interventi sulle disuguaglianze determinate da ambiente, reddito, casa e istruzione in quanto causa di malattia. Abbiamo bisogno di una sanità di prossimità e decentrata attraverso Aziende sanitarie e Distretti più piccoli, di più integrazione socio-sanitaria, di medicina di genere integrata, di salute sessuale e riproduttiva, di servizi territoriali in grado di alleggerire le funzioni degli ospedali, di un diverso ruolo dei medici e pediatri di famiglia più integrato nel Servizio Sanitario Nazionale. Una Capitale dove nessuna e nessuno possa essere lasciato indietro, dove nel territorio di prossimità poter trovare tutti i servizi sociali e alla persona (infanzia, terza età, non autosufficienza), rafforzando e non liquidando come fatto fino ad oggi il ruolo ad esempio di Farmacap come azienda speciale comunale Roma Multiservizi, di presa in carico delle fragilità, attenzione al ruolo dei caregiver e di accompagnamento nei percorsi diagnostico terapeutici, con il potenziamento dei servizi di assistenza domiciliare e la persona al centro del nostro modello di comunità. Ma tutto ciò è impossibi- le senza un piano straordinario di assunzioni nelle Aziende sanitarie anche attraverso le internaliz- zazioni di attività e personale nonché il recupero e la riconversione delle strutture dismesse o abbandonate come il Forlanini e il San Giacomo per attività sociosanitarie.
Scegli la città dei municipi e dei quartieri.
Per un vero decentramento nei Municipi, per una vera Città Metropolitana
Vogliamo dare voce e centralità al ruolo dei municipi, delle articolazioni amministrative territoriali di prossimità. Soltanto così una città vasta come Roma può trovare un suo equilibrio. Un comune di 1287 chilometri quadrati contro i 182 di Milano, tanto per fare un esempio, necessita di diversi assetti istituzio- nali e amministrativi. Non soltanto, siamo convinti che serva più protagonismo per chi abita una grande capitale. Vogliamo l’attuazione dello statuto della Città Metropolitana al fine dell’elezione diretta
Il decentramento infracomunale ha una lunga storia iniziata nel 1966 e passata attraverso le delegazioni, i consigli circoscrizionali, gli Enti municipali con elezione diretta del presidente: non si devono dimenticare le idee e le sperimentazioni prodotte e occorre cercare aggiustamenti e soluzioni all’impasse attuale nel solco di tale tradizione. L’obiettivo era e resta quello di costruire strumenti e canali per valorizzare la spinta popolare, non replicare in miniatura gli assetti comunali. Negli anni la popolazione e la morfologia urbana si sono poi notevolmente trasformate e i municipi sono diventati grandi come comuni capoluoghi ma con poteri dimezzati. È necessaria un’inversione di rotta, perché quella del municipalismo è una frontiera democratica oltre che l’unica possibilità realistica di dare un’amministrazione efficiente a un territorio enorme. In generale si deve procedere a razionalizzare la macchina politico-amministrativa prevedendo una netta distinzione di compiti e responsabilità tra dipartimenti e uffici municipali. Al Campidoglio va lasciata potestà di indirizzo, di controllo e sostitutiva mentre vanno incrementate le materie delegate.
Nello specifico vanno riconosciuti ai municipi più personale e maggiori risorse, da reperire nei dipartimenti comunali con una politica di incentivi mirata; normate le relazioni tra municipi e aziende pubbliche prevedendo un’azione istituzionale di indirizzo e controllo, con la stipula di convenzioni generali da affiancare ai contratti; introdotte conferenze di servizio periodiche per fare lo stesso con la Polizia locale. Bisogna poi incrementare in forma progressiva l’autonomia finanziaria, facilitare la gestione decentrata di parte del patrimonio pubblico, a partire da aree agricole e spazi dismessi e da valorizzare; dare maggior voce ai territori sui progetti urbanistici di rilievo, superando l’attuale parere consultivo; organizzare dai municipi processi partecipativi sui servizi pubblici, nonché promuovere sinergie con i vicini comuni dell’area metropolitana, in forma obbligatoria e non episodica.
Un altro nodo è proprio quello delle relazioni con gli altri comuni dell’area metropolitana, in quanto è lì che vanno operate le scelte su questioni essenziali come trasporti, rifiuti e sanità. In questi ultimi anni la legge 56/2014 è stata dimenticata: essa va migliorata in molti aspetti, poiché ha snaturato i legami tra eletti e territori, non ha risolto il problema della scarsità di risorse, ha definito un assetto istituzionale con incongruenze da sanare. Razionalizzazione interna e costruzione della Città metropolitana Speciale di Roma sono processi che vanno collocati dentro una drastica modifica dei rapporti con il governo nazionale, all’insegna di un maggior supporto alla Capitale.
Scegli la città della cultura.
Per tutta la storia di Roma, e per tutto il suo futuro
Una Area Metropolitana che sostiene l’accesso all’Istruzione, alla Formazione e all’Alta Formazione e che investe nelle eccellenze presenti nella ricerca scientifica, nelle attività culturali, nello spettacolo, nell’industria cineaudiovisiva e nei beni culturali anche con l’apporto di Zetema e delle Fondazioni Musica per Roma e Cinema per Roma e che trasforma in buona occupazione le ingenti risorse aggiuntive destinate a Cinecittà dal PNRR anche con l’apporto della Film Commission Roma e Lazio. Che promuove il decentramento culturale nei Municipi (cinema, musica, prosa, danza) con particolare riferimento alle periferie. Che rilancia il Teatro dell’Opera a partire da una adeguata pianta organica. Che non lascia più nell’immobilismo i grandi progetti sospesi, come la pedonalizzazione dei Fori imperiali: bisogna rifunzionalizzare l’area archeologica centrale, trasformare il progetto per la riqualificazione affinché porti vitalità nella zona, riprendere l’idea di Antonio Cederna del collegamento al Parco dell’Appia Antica.
Una Metropoli che sa valorizzare le tante realtà culturali di base di qualità, anche attraverso la creazione di una grande offerta culturale cittadina che prosegua oltre l’Estate Romana. Una Città che garantisce a Zètema il necessario potenziamento e la messa al servizio di un’ampia e qualificata schiera di giovani laureati in materie umanistiche in crisi occupazionale, ad esempio attraverso un servizio interno di guide e attraverso l’apertura al pubblico di tanti siti spesso chiusi o disponibili solo su richiesta. Roma che si fa carico dell’immenso ed unico patrimonio artistico e archeologico, sia al centro che al di fuori del centro, e lo promuove, valorizza e trasferisce alle prossime generazioni di cittadini e turisti.
Siamo consapevoli della difficile situazione sanitaria che si sta vivendo che rende altrettanto complesso ipotizzare un modello turistico-culturale adatto a contribuire al rilancio complessivo. Tuttavia alcuni assi portanti di ragionamenti precedenti mantengono intatto il proprio valore: a) l’importanza di mobilitare cittadini e associazionismo nella cura dei territori, in un rapporto tra loro e le amministrazioni, anche per valorizzare talune identità culturali e di luogo; b) la necessità di superare una tipologia di turismo scarsamente qualitativo e che non si è integrato con la città, cresciuto negli ultimi anni; c) l’urgenza di una riforma della governance del settore dialogante con quella dell’apparato politico-amministrativo capitolino.
Sistema culturale, ricchezza artistica e ricchezza ambientale si intersecano. Con l’aiuto dei municipi vanno censite le realtà che operano in tal senso nei vari angoli e da diversi punti di vista per un supporto mirato. Oltre l’esistente, in tali processi possono assumere rilievo gli edifici pubblici inutilizzati, da trasformare in hub di creatività, educativi, di socialità, in un patto tra istituzioni, imprese privati, associazioni e cittadini, procedendo a riqualificazioni finalizzate. Serve rafforzare una visione del modello turistico-culturale collegata alla conoscenza e all’innovazione, intesa come fattore di sviluppo sostenibile e di coesione sociale, come è necessario affrontare le distorsioni dell’overtourism e di un’idea di crescita sbagliata, scandita esclusivamente dal numero di visitatori.
Roma ha grandi attrattori culturali e un patrimonio immenso di beni e paesaggi, in una struttura multicentrica e multidimensionale. Essa va letta in profondità per progettare, in logica di masterplan, i punti d’incontro con gli altri asset urbani, per esempio quello dei trasporti. È necessario valorizzarne i segmenti – dal museale a quelli più informali – facendoli vivere come centri di espressione contemporanea e luoghi di socializzazione intelligente. Il covid19 ha azzerato le attività in presenza, “virtualizzando” la grande bellezza reale. Bisogna esplorare nuovi modi di vivere i beni e il recupero di un’utenza territoriale è uno dei terreni da esplorare, recuperando orgoglio e senso di appartenenza per la ‘grande bellezza’ dei propri riferimenti storici e culturali senza scadere nella autoreferenzialità: è una grande questione da mettere a tema e rilanciare anche con progetti e programmi specifici didattici, informativi, formativi.
Scegli Roma.
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